E così, dopo centinaia di anni siamo tornati alla gogna, alla colonna degli infami, dove venivano apposti, ladri, malfattori, streghe ecc. Un posto dove fisicamente si poteva andare a guardare la vergogna negli occhi.
Chi, dimostratamente o no, aveva compiuto un torto veniva apposto in questi luoghi per essere pubblicamente insultato.
Oggi abbiamo direttamente un ex ministro, un parlamentare, il capo politico di una partito, Salvini, che va personalmente a citofonare al “ me lo ha detto la vicina” di turno per chiedergli se spaccia stupefacenti o meno. Contravvenendo così a indagini, accusa, difesa, processo ecc.
e così a distanza d pochi giorni, compare la scritta “Qui ebrei” sulla porta di casa del figlio di una partigiana deportata nei campi di sterminio, a Mondovì.
Un caso? Possiamo dire autogiustificazione. Visto che lo ha fatto un personaggio con una carica pubblica, lo può fare anche lo stupidotto del paesello.
In questo processo di mercanzia mediatica non viene coinvolta la paura, la vergogna, l’innocenza, della persona comune che viene trascinata in un circo, viene posta dinanzi ad un tribunale pubblico sernza che gli sia data la possibilità di esprimere la propria innocenza.
Ci fidiamo della diceria serpeggiante, della nazionalità, della religione, e vattelappesca di cos’altro, ma non degli organi di giustizia che dovrebbero vigilare su tali condotte pericolose, su esempi che potrebbero sfociare in pece e piume, La folla è suggestionabile, superficiale e facilmente manipolabile. L’opinione forte, spesso diffusa da leader e capi carismatici, dilaga a macchia d’olio rendendo la massa omogenea e irrazionale.
Davvero questo vogliamo? Stiamo tornando pericolosamente indietro ai tempi bui della caccia alla streghe!
Noi, gente comune, ridiamo, pensiamo che a noi non potrà mai capitare, invece, è proprio lì il tranello. Siamo tutti possibilmente colpevoli, tutti giudcabili, tutti condannabili.
Lo vogliamo davvero?