Tempo fa le iene s’occuparono di un caso di barbonismo domestico.
Lo vediamo in TV e diciamo “si, ma a noi non capiterà mai!”
E invece eccolo qui, in un quartiere abbandonato a se stesso. La periferia della periferia barese.  Un comprensorio dimenticato dalle amministrazione, Dagli uomini e , sembra, anche Da Dio.


“le case degli sfrattati” le chiamano. Dove vi è gente che, non avendo la possibilità di una dimora, occupa alloggi abusivamente. Non tutti però. Al civico 22 di via Rocca Purena ci abitano brave famiglie. Gente che pur con mille sacrifici, come d’altronde tutti, trascorre le proprie vite nel quartiere S. Rita di Bari.

La preoccupazione dei residenti non è solo per il degrado che circonda il loro focolare ma anche lo stato di salute di un loro vicino che, a quanto pare, sia affetto da barbonismo domestico. Ma cos’è questa patologia?
Si tratta di una forma di esclusione e isolamento sociale che caratterizza l’esistenza di chi vive da barbone dentro la propria abitazione. Trascorrono le giornate sepolti tra scarti e rifiuti. Si vestono di stracci, non si lavano per mesi spesso anche per anni. Dormono in mezzo ai topi e agli escrementi animali. Senza mezzi termini: barboni. Ma è sbagliato definirli senza dimora perché loro un tetto ce l’hanno. Hanno una casa, qualcuno abita in appartamenti prestigiosi o in villette con giardino. Luoghi potenzialmente accoglienti, oggi trasformati in baracche, sudicie e sporche almeno quanto la strada. È qui che gli accumulatori consumano la propria ossessione: conservano spazzatura, oggetti e animali, conducendo tra quattro mura una vita da clochard. Non se ne parla molto ma il barbonismo domestico è più diffuso di quanto si pensi, soprattutto nella nostra città. Vi sono coinvolti individui per lo più anziani, soli, bersagliati dalla vita, prigionieri della depressione, senza legami parentali forti, talora con disagi mentali e isolati dal contesto sociale che li circonda. Ma quello che angoscia più di ogni altra cosa è l’assenza: non c’è nessuno, un isolamento totale. Le persone che abitano questi spazi è come se fossero, ognuna di loro, un internato, invisibile al mondo. Nella casa una quantità enorme di cose, di oggetti, di rifiuti, come se ognuna di queste cose potesse parlare, affrontare un dialogo, riempire una solitudine. Accumulare, conservare, tenere accanto a sé.

Purtroppo però parliamo di spazzatura, cumuli di spazzatura, feci, urine, insetti e animali mescolati in un appartamento di meno di 100Mq. Tutto chiuso, serrato.
L’odore di decomposizione passa attraverso le fessure, i tubi, le intercapedini e s’infila nelle case altrui e riempie le narici dei coinquilini di quel palazzo che ormai vivono in costante agitazione.
L’impossibilità di parlare con il proprio vicino dai modi rozzi, la puzza che scaturisce da questo appartamento, la preoccupazione, poiché dalle feci e dalla spazzatura accumulata ossessivamente salgono effluvi di metano col pericolo di esplosioni, i residenti si sono mobilitati chiamando i Servizi preposti, contattando la segreteria del Sindaco De Caro ed anche divulgando la situazione attraverso i media locali.

L’uomo in questione è solo, consuma la sua pensione in oggetti che poi lascia marcire dentro il suo alloggio, e tenta in vano di disinfettarlo apponendo sopra la spazzatura litri di acidi che corrodono pareti, pavimenti, impianti ecc. Presentando un’ulteriore pericolo per gli abitanti dello stabile.  

Purtroppo, però, dopo anni di suppliche ancora non si vede nulla. Cosa stanno aspettando? Che muoia? Che succeda un disastro? Un’incidente e cada il palazzo?
 
NewsLight si prefigge l’obbiettivo di seguire passo per passo la vicenda. Staremo a vedere gli sviluppi.

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